Idoli controluce
Enzo Battaglia
1965 | IMDb | Musica di Ennio Morricone
Enciclopedia del cinema in Piemonte
Lo scrittore Ugo Sanfelice, incaricato dal suo editore di scrivere una biografia del calciatore Omar Sivori, si reca a Torino per raccogliere gli elementi per il suo nuovo libro. Piuttosto a digiuno in materia di calcio, mentre tenta invano di avere un incontro con il calciatore, Sanfelice interpella alcune persone dell'ambiente calcistico. Tutte queste ricerche conducono Sanfelice a incontrare più volte una giovane promessa del calcio, il centravanti Moretti, il quale gli confida le sue esperienze: il tirocinio in una squadretta di provincia; il promettente esordio nella Juventus accanto al grande Sivori; l'abbandono della fidanzata; il precoce declino causato da una disordinata vita. Il primo incontro con Sivori lo scrittore riesce ad averlo proprio quando il campione sta lasciando la "vecchia signora del calcio italiano" per conoscere una nuova giovinezza sportiva e nuova popolarità presso il Napoli. Ormai gli elementi in mano di Sanfelice sono molti ed esaurienti; ma lo scrittore, che nel frattempo si è lasciato invischiare in facili avventure, desisterà dalla stesura del libro.
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Così Leo Pestelli, grande critico cinematografico e juventino, annunciava la conclusione delle riprese il 17 luglio 1965 sulle pagine di "La Stampa". Quando Sivori era già passato al Napoli ... E' quasi una nostalgica, preventiva recensione.
"Non sappiamo con che ciglio il tifoso juventino vedrà nel prossimo autunno Idoli controluce, finito di girare in questi giorni nella nostra città. E' noto infatti che il film diretto dal giovane Enzo Battaglia (l'apprezzato esordiente degli Arcangeli) è ambientato nel mondo calcistico anzi juventino, e che ha per protagonista di sfondo Enrique Omar Sivori nella parte di se stesso. Altrettanto noto, purtroppo, è che il grande giocatore ha smesso quella casacca che per otto anni gli era stata incollata addosso con reciproco lustro.
Si ha un bel dire, ma la pianta-uomo, che durante le trattative di compra-vendita dei giocatori scade a nocciolina, ha una gran parte nella costituzione del «tifo», e ogni qualvolta essa venga trapiantata da una squadra in un'altra, qualcosa trema nel fondo della terra, e se ne oscura per un attimo il concetto di fedeltà alla squadra stessa.
Per un attimo: giacché noi che ricordiamo un altro schianto, molto meno clamoroso perché imposto naturaliter, ma altrettanto straziante, quello di John Charles, allorché, caduto l'albero maestro, le giunture della nave scricchiolarono tutte; noi sappiamo che l'essere juventino importa questa dignità: Juventus prima di tutto, l'universale logico sempre al di sopra dell'universale fantastico (si chiami Orsi, Boniperti, Charles, Sivori e via dicendo). Rovesciando il verso del Carducci: «muor l'inno del poeta», si potrebbe anche dire, «e Giove resta». Ond'è che sopporteremo di vedere il film, come anche applaudiremo, ai più bei passi, il nuovo Cabezon tinto d'azzurro.
Al quale film auguriamo di essere quell'autentico film sportivo (nel senso che l'aggettivo sia riassorbito dal sostantivo) che l'Italia aspetta ancora, e l'Inghilterra, dopo Io sono un campione di Anderson, non più. Ci fu bene una pellicola calcistica anzi juventina (della Juve di Hansen, Praest, Muccinelli e del primo Boniperti), che s'intitolava L'inafferrabile dodici, ma essa aveva, e serba, soltanto un valore affettivo, iconografico. Erano tesori di fotogenia gettati al vento; l'interpretazione, se d'interpretazione si poteva parlare, era appena accennata. Laddove Battaglia ci ha personalmente assicurato che Sivori, natura sensibile che attira le nuvole, è stato «dentro» la parte molto bene.
Ma già scorrendo il soggetto, ci si accorge che siamo su un altro piano. C'è uno scrittore (Massimo Girotti) che viene a Torino per conoscere Sivori su cui vuole scrivere un libro. Ma l'ombroso divo non si lascia avvicinare, e allora lo scrittore incomincia a raccattare informazioni di seconda mano, interrogando quante persone hanno conosciuto e frequentato Piede di Velluto. Ed ecco così, punto sforzato, un immenso «flash back» ricapitolante le più gloriose giornate del fuoriclasse, le sue reti più memorabili, da ritto e da seduto. Questa è la parte che il juventino vedrà con l'occhio semiabbassato e umido. Poi la vicenda prende corpo col personaggio d'un pivello (riserva di Charles) cui il successo ha dato alla testa: è l'attore Gaspare Zola, un volto nuovo. Di queste automontature fanno per solito le spese le fidanzate, ed ecco la linda Valeria Ciangottini (dopo La dolce vita inchiodata alla purezza), tralasciata per Alexandra (la conturbante Johanna Simkus), donna del gran mondo. La situazione non è nuova; come non è nuovo che il giocatorino si smidolli e perda la sua grande occasione. Omar, appena rimesso da una frattura e sommariamente allenato, prende il posto del ragazzo traviato e raddrizza la partita.
Ma che i calciatori giovani si esaltino facilmente, che s'innamorino e perdano lena, è rigorosamente vero; e dal vero, tanto più se osservato da uno «scrittore» in funzione di coro, si può sempre togliere qualcosa di nuovo. L'ideologia di Idoli controluce (schermo panoramico a colori, musiche di Morricone, fotografia di G. Cosulich) è che il successo sportivo è vacuo quando sia scompagnato da sacrifici e rinunce, e che nella vita come nella professione che si è scelta, conta su tutto «essere se stessi».
Ogni film ambizioso riceve suggerimenti dalla realtà; e anche questo si è giovato e si gioverà di rincalzi cronachistici, di situazioni irripetibili: le ultime irose pedate di Sivori sul terreno che fu suo (e a fianco del richiamato Charles, per commuovere di più), e l'arrivo dello stesso a Napoli, presumibilmente trionfale. Con che siamo tornati alla nostra mestizia di juventini congiunturati".
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Da un'intervista di Massimo Novelli a Bruno Bernardi, "La Repubblica (Torino)", 19 febbraio 2005.
"In realtà, fra il 1965 e il1966, quando Omar era già passato al Napoli, il regista Enzo Battaglia decise di fare Idoli controluce, un film sul Cabezòn. Sivori mi convocò e fece lo stesso con Charles, che intanto era ritornato in Galles. Recitai me medesimo, cioè il cronista. Furono due comparsate, comunque divertenti". Il film non venne accolto bene. Anzi, si parlò di una pellicola sconclusionata. Fu così? "Abbastanza. E fu un fiasco, sebbene in questo avesse avuto una parte la povertà dei mezzi a disposizione del regista. Pensa che la Juventus non gli diede nemmeno le maglie per le riprese al Comunale". Dimmi della prima del film. Che cosa ricordi? "Andai a vederlo al Gioiello. Ammetto che uscii prima della fine poi per evitare che la gente mi riconoscesse. In ogni caso, credo che non mi avrebbero chiesto l' autografo".